Possono essere moltissime le cause che portano alla morte le piante da interno pur amorevolmente accudite, ma nella mia lunga carriera di soccorritrice di piante in agonia, sia di clienti che di amici, ho potuto verificare che le cause più frequenti in assoluto sono l’eccesso di acqua o al contrario la penuria cronica nelle annaffiature.
In questi casi inutile “educare”, le caratteristiche caratteriali e comportamentali non si estirpano e non si modificano tanto facilmente quindi la soluzione migliore è assecondare le proprie inclinazioni, utilizzando piante adatte a questi due tipi così differenti di comportamento che portano, però, entrambi alla stessa tragica fine: la morte delle piante!
La carenza di acqua è più spesso caratteristica tipica di chi non ha molto tempo da dedicare alle piante o ha una scarsa conoscenza dei loro bisogni, in sintesi questa tipologia di soggetti non riesce a instaurare un rapporto “empatico” con le loro piante, le considerano e le trattano più o meno come soprammobili dimenticando che sono esseri viventi e che hanno esigenze inderogabili, tra cui la prima in assoluto è la necessità di essere annaffiate periodicamente. Il risultato di questo comportamento porta alla disidratazione totale del terriccio e alla conseguente perdita per siccità della gran parte delle piante con unica eccezione per quelle da deserto!
Se fate parte di questa categoria di persone le piante più adatte a voi sono quelle riportate di seguito, ossia quelle adatte a scarsità d’acqua.
La pole position va sicuramente al Epipremnum pinnatum ‘Aureum’ o Scindapsus aureus più comunemente conosciuto come Pothos, una pianta con indiscusse e notevoli capacità di adattamento, veramente difficile farla morire, se ci riuscite vi consiglio di passare alle piante finte! Originaria di zone tropicali e sub-tropicali, nei paesi d’origine è considerata un’infestante. Pianta rampicante dotata di radici aeree che si formano ai nodi, ha foglie ovate con screziature bianche o gialle che si affievoliscono se la pianta è posizionata in zone poco luminose, ma le basta anche solo luce diffusa. Può essere coltivata come rampicante su tutori o come ricadente. E’ sufficiente bagnarla ogni 15-20 giorni mantenendo le radici appena umide. Adattissima ad essere coltivata anche in idrocoltura.
In seconda posizione possiamo inserire il Chlorophytum comosum, conosciuto ai più come Falangio, pianta originaria dell’Africa, si presenta come un denso cespo di foglie ricadenti verdi o variegate; produce fusti lunghi e ricadenti al cui apice crescono ciuffi di nuove piantine che possono essere trapiantate per riprodurla con estrema facilità. E’ facilissima da coltivare perché non ha particolari esigenze né di luminosità né di annaffiature, sarà sufficiente bagnarla ogni 15-20 giorni, ma se abbondate non avrà problemi.
Zamioculcas zamiifolia, è una sempreverde proveniente dalla Tanzania formata da foglie carnose e lucide alte fino a 60 cm, gradevole a vedersi esige decisamente pochissime cure, sopporta molto bene le posizioni poco illuminate e se conservata in posizioni poco riscaldate (T° 15°-18°C) come ad esempio gli atri dei condomini, può essere bagnata con piccole quantità di acqua anche ogni 20-30 giorni. Se invece la tenete in appartamento a temperature più elevate e soprattutto con aria secca la frequenza delle irrigazioni sale a una volta ogni 15-20 giorni. Comunque meglio bagnare poco poiché l’eccesso di umidità nel terreno può far marcire le radici.
Anche la Sansevieria trifasciata è nel gruppo di queste “facili”, è una pianta anch’essa originaria dell’Africa con foglie variegate, carnose, lanceolate, alte fino a 1 m che spuntano da rizomi sotterranei. Ideali per essere coltivate in appartamento amano temperature calde e costanti e necessitano di annaffiature decisamente sporadiche, ogni 15-20 giorni, e con piccole quantità di acqua perché il terreno deve rimanere privo di ristagni dato che possono essere colpite da marciumi radicali. Allo stesso modo può essere gestita la Sansevieria cylindrica.
Chi, invece, annaffia troppo abbondantemente o con troppa frequenza, a mio parere è affetto da “sindrome dell’accudimento”, l’empatia con la pianta c’è ma è addirittura eccessiva. Queste persone temono di non essere sufficientemente attente e abbondano nelle “cure” stressando le loro povere piante che non hanno modo di sottrarsi a tanto affetto. Uno dei sintomi che accompagna questa “sindrome” è la paura di non fare abbastanza per loro e quindi anche di non bagnare a sufficienza con il risultato che i vasi diventano delle paludi in cui alcune piante dopo lunga agonia soccombono e sopravvivono, naturalmente, solo quelle acquatiche.
E ora quindi occupiamoci di quelle che amano il terreno umido.
La più resistente agli eccessi di acqua è lo Spathiphyllum wallisii, tanto resistente da essere utilizzato come pianta ornamentale anche negli acquari. Ha bisogno di poca luce, preferisce posizioni d’ombra, originario delle regioni tropicali dell’America e dell’Asia, si adatta benissimo alle temperature degli appartamenti. Ha belle foglie lucide ed eleganti portate da lunghi piccioli che partono dalla base della pianta con forma lanceolata più o meno larga a seconda della varietà. Fiorisce regalandoci un’infiorescenza graziosamente accompagnata da una “spata” bianca. La gestione di questa pianta è facile, ponete il vaso in un ampio sottovaso e bagnatela solo riempiendo il sottovaso lasciandovi sempre una scorta d’acqua.
Altrettanto resistente agli eccessi d’acqua sono le Felci e la più facile e gettonata è la Nephrolepis exaltata, chiamata comunemente “Felce di Boston”, viene spesso coltivata in cesti appesi per meglio godere dell’eleganza delle lunghe foglie che pendono verso il basso. Viene consigliata spesso come pianta adatta ad ambienti umidi come il bagno e la cucina. Proviene, infatti, dalle foreste umide dell’America meridionale e dalle paludi, quindi più la bagnate meglio è.
Sempre nella categoria delle felci il Microsorum diversifolium, originaria della nuova Zelanda e dell’Australia è una pianta molto elegante che produce lunghi rizomi, verdi e ricoperti di scaglie scure, molto decorativi, con foglie di verde scuro e lucide, che formano ampi cespi che risaltano se la pianta viene appesa. Volgarmente chiamata zampa di canguro ha bisogno di umidità costante ma non di ristagni idrici quindi va bagnata poco ma spesso.
Anche il Cyperus papyrus vive con le radici immerse nell’acqua ma al contrario delle precedenti ama posizioni molto luminose. In natura ha fusti sottili, alti fino a un paio di metri, e un ciuffo di brattee sottili, filiformi dall’aspetto leggero e piumoso. Per l’utilizzo come pianta da interno esistono anche varietà nane, che non superano i 25-35 cm in altezza.
Come già accennato vive con le radici immerse nell’acqua quindi è bene inserire il vaso in un portavaso ampio e profondo che viene mantenuto sempre pieno d’acqua. Il terreno può rimanere sempre umido senza preoccuparsi di eventuali ristagni idrici.
In bocca al lupo!
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